Cento anni di Corte Mainolda
La famiglia Prandi di Corte Mainolda è oggi composta da Pier Angelo, Raffaella – la sorella –, Raffaella – la moglie –, i due figli Giulia e Giangiacomo… e da Renè, che si aggira per la corte ad accogliere gli ospiti.
Lo conoscerete!
Le origini
Tutto è cominciato alla Mainolda esattamente cento anni fa, quando nacquero Angelo Stuani – il nonno materno di cui Pier Angelo porta il nome – e i suoi sette fratelli.
Durante la Prima guerra, Angelo, chiamato al fronte e rimasto subito ferito, cominciò a lavorare in un ospedale da campo, dove si rese così prezioso nelle cucine che poi la guerra la fece tutta lì…
e si salvò in cucina!
Tornato alla Mainolda, cominciò a lavorare come norcino e agricoltore, insieme ai fratelli impegnati a mezzadria nella campagna.
Le famiglie erano numerose: nella Corte, ai tempi, vivevano più di quaranta persone, che per scaldarsi si riunivano nella stalla, al calore delle vacche, a far filòs…
Proprio alla Mainolda, Angelo e suo fratello Giuseppe sposarono due sorelle.
Erano in tanti e — ai tempi — non c’era Tinder.
Alla Mainolda nacque Lina, mamma di Pier Angelo e Raffaella.
Si racconta che Angelo, per la delusione di non aver avuto un maschio, diede un calcio al secchio che stava mungendo, rovesciando tutto il latte!
Poi accadde che il contratto di mezzadria non fu rinnovato dal padrone, l’ingegner Pellizza, che viveva lì. Forse un diverbio con il fratello Giuseppe…
Così, l’11 novembre – fine dell’annata agricola – tutti e otto i fratelli con le loro famiglie furono costretti “a fare San Martino”.
“A San Martino ogni mosto diventa vino, ogni uva va al tino… e ogni contadino cambia destino.”
Nel caos che ne seguì, la famiglia si disperse.
L’osteria di Curtatone
Era il 1942. A Curtatone due anziani cedevano un’osteria. Angelo e Giuseppe, con le rispettive mogli e i bambini, cominciarono una nuova vita.
Giuseppe vendeva il pane, la moglie teneva tutto in ordine, Angelo e la cognata in cucina — talmente bravi da riempire da subito il locale.
Intanto la giovane Lina, che da bambina abitava alla Mainolda, era stata compagna di banco di Gregorio – bravo ma non si applica – unico caso nella storia di un alunno retrocesso dalla terza alla seconda elementare… per decisione della maestrina del paese, sua zia Rosa Prandi.
Rosa (le cose si complicano) era la moglie dell’ingegner Pellizza, proprio lui, il proprietario della Mainolda che aveva chiuso il contratto di mezzadria con i due fratelli.
A diciassette anni, Lina lo incontra ancora quel Gregorio, a una festina a Sarginesco, e se ne innamora.
Complice il grammofono di lui… che lei ancora conserva.
Lina e Gregorio
I due si sposano e Lina ritorna a vivere a Sarginesco, in una casa vicina alla Mainolda, dove viveva la famiglia di lui.
Qui nascono Raffaella e Pier Angelo (eccolo!), e Gregorio coltiva la terra degli altri.
Ma Lina non è donna da focolare e, quando il padre la richiama all’osteria, lei non esita e torna dietro il bancone — quanto le piaceva!
A Sarginesco restano i bambini col papà Gregorio e con la zia Rosa, che viveva da loro.
Era successo infatti che la famiglia del Pellizza, proprietario della Corte Mainolda, avesse preteso di gestire il suo salario — e che lei, indipendente e fiera, fosse tornata a casa dai suoi.
A sessant’anni, Rosa fa da mamma ai pronipoti Raffaella e Pier Angelo.
Più tardi, restata vedova ed erede dell’ingegner Pellizza, sarà lei a trasmettere loro l’immobile.
Il ritorno e la ricostruzione
Ma torniamo alla nostra storia. Lina non ha mai messo piede in cucina: il suo posto è dietro il cassetto, che si riempie e si svuota negli anni, seguendo i periodi di benessere e di magra.
Con la morte del padre nel 1964 deve reagire a un grande dolore, e lo fa a modo suo: il giorno dopo organizza la festa di compleanno della figlia come se nulla fosse.
La piccola Raffaella ha dieci anni ed è cresciuta osservando i gesti del nonno in cucina, lo adora e ne è influenzata così profondamente da diventare una cuoca eccellente nonché una stimata giornalista di cucina quando, dopo l’università, si trasferisce a Roma.
Anche Pier Angelo eredita quel talento — anche se non se ne accorge subito.
Figlio maschio, coltivatore diretto, è lui che può liquidare gli affittuari insediati alla Mainolda.
Così la zia Rosa, vedova del Pellizza, gli dona la Corte e la terra.
Quando la eredita, la Mainolda è fatiscente: il patrimonio del Pellizza è stato dilapidato, e tutto cade a pezzi.
Pier Angelo si rimbocca le maniche: coltiva la terra per vivere, collabora col padre Gregorio per costruirsi casa alla Mainolda e mette su famiglia con Raffaella – l’altra Raffaella, insegnante pure lei, bellissima – che conosce da giovanissimo e ancora si tiene stretta.
Quando Lina ha bisogno di aiuto all’osteria, Pier Angelo le dà una mano: si improvvisa aiuto cuoco, osserva, impara.
Ma nel lavoro le visioni di madre e figlio sono diverse, e dopo molti anni lui si ritira, scegliendo di mandare avanti l’azienda agricola e proseguendo il lavoro per conto terzi del padre.
Sono anni di paziente impegno e duro lavoro per Pier Angelo e Raffaella.
Crescono i figli, Giulia e Giangiacomo, li mandano all’università e, anno dopo anno, custodiscono la Mainolda.
Il sogno che diventa realtà
Poi il sogno di Pier Angelo prende forma — complici i bandi per le attività agricole promossi dalla Regione.
Immagina un piccolo ristorante tutto suo, poche camere, la pensione.
Lo spazio c’è, le capacità pure… i ragazzi, Giulia e Giangiacomo, sono grandi e sono d’accordo.
Giulia studia architettura a Milano, Giangiacomo, ingegneria meccanica a Modena e ha le mani d’oro.
Genitori e figli sono ancora alleati, come accade da tre generazioni.
Oggi
Oggi, dopo più di dieci anni dall’apertura, questo quartetto familiare suona in armonia:
ognuno asseconda i propri talenti per rendere una cena o un soggiorno alla Mainolda indimenticabili.
Quello che gli ospiti non sanno è quanto amore, passione e duro lavoro sono fluiti in questi cento anni per arrivare a questo risultato.
Anzi no… adesso lo sapete!
