La storia della Mainolda a Sarginesco contiene un’altra storia, ma tutto è cominciato qui, dove nacquero Angelo e i suoi sette fratelli. Esattamente cento anni fa.
Durante la guerra Angelo era finito in un ospedale da campo e qui impiegava il tempo come aiuto in cucina rendendosi così prezioso che poi la guerra la fece tutta lì.
Tornato a casa faceva il norcino, ma anche l’agricoltore al bisogno perché a quei tempi dovevi essere capace di fare tante cose e tutta la famiglia Stuani era impegnata a mezzadria nella campagna dei padroni della Mainolda.
Passarono gli anni e Angelo e suo fratello Giuseppe sposarono due sorelle.
Angelo era in stalla a mungere quando era nata la figlia Lina e, sentendo che era una femmina, diede un calcio al secchio rovesciando il latte. Ma poi tra loro ci fu un rapporto speciale e un po’ fu forse perché lei dimostrò sempre un animo virile.
Poi accadde che, come un fulmine a ciel sereno, il contratto di mezzadria non fu rinnovato e otto fratelli con le loro famiglie furono su una strada. Nel caos che ne seguì la famiglia si disperse, ognuno cercando soluzioni.
C’era un Pane e Vino, mescita e bottega, a Curtatone che due anziani cedevano. Era il ’42, e due fratelli, con due sorelle e i loro bambini, fecero quei dieci chilometri e cominciarono una nuova vita. Giuseppe a vendere il pane, Teresa a tenere tutto in ordine e pulito, Angelo e la cognata Rina in cucina, talmente bravi da riempire da subito il locale. In tempo di guerra, la fame era tanta e i primi clienti furono i carrettieri, antenati dei camionisti che puntualmente li sostituirono qualche anno dopo.
La Lina a scuola era stata compagna di banco di Gregorio, unico caso nella storia di un alunno che venne retrocesso dalla terza alla seconda elementare a opera della maestra, la zia Rosa, sorella di suo padre.
Ora a diciassette anni lo incontrò di nuovo a una festina a Sarginesco, complice il grammofono di lui. Che lei conserva ancora. Perché, a questo punto della storia, i due ragazzi si sposano e lei si trasferisce a Sarginesco. Un viaggio a ritroso, strade che si ripetono. Qui nascono Raffaella e Pierangelo e Gregorio coltiva la terra degli altri.
Ma la Lina non è donna da fare la calza al calore del camino e quando per vicende familiari - lo zio Giuseppe, forse geloso, aveva tolto la cucina a moglie e fratello per darla ad altri- il padre la richiama ai Quattro Venti, lei non esita e ritorna da lui.
A Sarginesco restano i bambini col papà e la zia Rosa, la maestra che, anche lei, aveva una storia dolorosa alle spalle. Era successo che la famiglia del marito, ricco ingegnere minerario nonché proprietario della corte Mainolda avesse preteso di gestire il salario della sposina - eh sì le coincidenze si ripetono come in un prisma – lei, indipendente e fiera, era tornata dai suoi. Ora, a sessant’anni, fa da mamma ai pronipoti e più tardi, restata vedova ed erede dell’ingegnere, sarà lei a trasmettere loro l’immobile.
Ma torniamo alla nostra storia: Lina non ha mai messo piede in cucina, il suo posto è dietro il “cassetto”, che si riempie e si svuota negli anni assecondando periodi di benessere e di…magra. Con la morte del padre nel ’64 deve reagire a un grande dolore e lo fa a modo suo: il giorno dopo organizza la festa di compleanno della figlia come se non fosse successo nulla. La piccola Raffaella ha dieci anni ed è cresciuta osservando i gesti del nonno in cucina, anche lei lo adora e ne è influenzata così profondamente da diventare una cuoca eccellente. Ma i geni sono stati generosi e anche Pierangelo eredita questo talento. Anche se non se ne accorge subito.
Dopo aver ereditato dalla zia Rosa la Mainolda coltiva la terra, collabora col padre e mette su famiglia: è gente unita abituata a darsi una mano. Quando Lina ha bisogno di aiuto si improvvisa aiuto cuoco, osserva e a poco a poco impara.
Ma è il lavoro nei campi a portarlo in giro per conto terzi. Anni di paziente impegno per mandare all’università i figli. Poi il sogno. Immaginare un ristorante tutto suo, magari affiancato da un B&B elegante. Lo spazio c’è, la capacità manuale pure. Padre e figlio ancora alleati, come accade da generazioni, per restaurare, dipingere e arredare spazi antichi dall’inconfondibile sapore di casa.
Oggi, dopo quasi dieci anni dall’apertura, questo quartetto famigliare suona in armonia e ognuno asseconda i propri talenti per rendere una cena o un soggiorno indimenticabili.
Quello che gli ospiti non sanno è quanto amore e passione per la cucina e la famiglia sono fluiti in questi cento anni per raggiungere questo risultato.
Anzi no, adesso lo sanno!